La Basilica di S. Apollinare in Classe è situata a circa 5 Km da Ravenna. La costruzione fu collocata al di fuori della città di Classe e fu finanziata da Giuliano Argentario che nello stesso periodo finanziò anche la costruzione di San Vitale. Fu voluta da Ursicino, vescovo di Ravenna dal 535 al 538 e fu consacrata il 9 maggio del 549 dall'Arcivescovo Massimiano, lo stesso che nel 548 aveva consacrato S. Vitale.
Fu dedicata a S. Apollinare, primo vescovo di Ravenna e vi furono traslati i suoi resti. L'ingresso era preceduto da un grande quadriportico, le cui fondamenta sono state individuate con esattezza, uno dei lati del quadriportico era addossato alla chiesa (ardica). Ai lati dell'ardica si alzavano 2 torri, forse a due piani. Di questi antichi elementi è rimasta solo la torretta di nord, molto rimaneggiata in fase di ricostruzione. L'attuale portico non ha nulla a che fare con l'antica ardica perché è stato costruito tra il 1908 e il 1909 senza tener conto delle tracce esistenti e conosciute dell'ardica stessa.
Sopra il portico si apre una trifora che alleggerisce l'austera facciata di cotto. Lungo i fianchi della chiesa le numerose finestre sono incorniciate da una fuga di archi che conferiscono alla prospettiva un notevole dinamismo.I mattoni con cui è stata costruita la chiesa sono uguali a quelli con cui è stata costruita S. Vitale e delle altre fabbriche finanziate da Giuliano Argentario. Il campanile sorge sul fianco nord ed è alto m. 37,50 unito alla chiesa da un passetto originario restaurato nel 1901 quando fu abbattuta la sacrestia che si trovava in quel luogo. Poggia su una base quadrata e si innalza in forma cilindrica. Si Succedono 2 ordini di feritoie con mattoni rossi e mattoni gialli, una fascia ornamentale a quadretti di cotto anch'essi rossi e gialli, 2 ordini di grandi monofore un ordine di bifore e 3 ordini di trifore sovracigliate. La datazione è indicata verso il X secolo e la zona delle trifore verso all'anno mille. o E' certamente uno dei più bei campanili di Ravenna, dopo un periodo di grande splendore ha visto un lento declino fino a periodi di totale abbandono, quando, nel 1512 dopo il saccheggio dell'abbazia che sorgeva accanto alla basilica, i monaci si trasferirono a Ravenna e quando,nel 1797 quando i decreti napoleonici, allontanarono i camaldolesi da Ravenna.
La sala della basilica, ampia e luminosa, è divisa in 3 navate, dette navate sono divise da 24 colonne di marmo greco con venature trasversali provenienti dal mar di Marmara, poggiano su basi quadrate con decorazioni geometriche. I capitelli sono lavorati molto finemente del tipo a foglia di acanto mossa dal vento.
Il soffitto è a capriate, i tondi dipinti sopra gli archi che uniscono le colonne rappresentano i vescovi che si sono succeduti a Ravenna e sono stati eseguiti nel 1775 da Antonio Cantoni , G. B. Roberti e Domenico Barbiani e restaurati di recente.
L'arco dell'abside è rivestito di mosaici che solo in parte risalgono all'epoca della chiesa, quelli del catino absidale e i 4 personaggi sopra le finestre sono comunque della metà del VI secolo.
Nella fascia superiore all'arco absidale troviamo al centro un medaglione con il Cristo in atteggiamento benedicente, ai lati troviamo i simboli dei 4 evangelisti, l'Aquila per Giovanni, l'Angelo per Matteo, il Leone per marco, il Toro per Luca.Il mosaico di questa fascia è del IX secolo.
Sotto al fascione raffigurante gli evangelisti troviamo a destra e a sinistra la raffigurazione delle torri delle città di Gerusalemme e Betlemme dalle quali escono, 6 per parte, le 12 pecorelle bianche che rappresentano i 12 apostoli, questo mosaico è del VII secolo.
Ai due lati dell'abside sono raffigurati gli arcangeli Michele e Gabriele, recano un labaro su cui è scritto in greco l'acclamazione "Santo, santo ,santo". Mosaico del VI secolo. sotto queste due raffigurazioni troviamo i ritratti a mezzo busto di Matteo a sinistra e un'altro apostolo non identificato a destra databili tra l'XI° e il XII° secolo.
Il mosaico del catino absidale è diviso in 2 zone, una in alto con al centro un medaglione che contiene la croce gloriosa gemmata che si staglia su di un cielo con 99 stelle, all'incrocio della croce, dentro una corona di perle, il volto di Cristo risorto, ai lati della croce le lettere Alfa e Omega (principio e fine), sopra la croce la parola greca (pesce) che sono le parole che compongono in lingua greca le iniziali di: "Gesù Cristo figlio di Dio Salvatore, principio e fine della vita, salvezza del mondo". Ai lati del medaglione della croce su un cielo di nuvole le figure di Mosè a sinistra, Elia a destra e 3 agnelli 1 a sinistra e 2 a destra che guardano verso la croce. Tutta la scena rappresenta la trasfigurazione di Cristo, la grande croce gemmata rappresenta il Cristo trasfigurato, i 3 agnelli sono Pietro, Giacomo e Giovanni, presenti sul monte Tabor a quell'evento miracoloso; Mosè ed Elia rappresentano la legge e i profeti che conclusa la loro missione di precursori lasciano il posto al figlio di Dio. La mano di Dio che appare in alto al centro in mezzo alle nuvole indica "questo è il mio figlio prediletto, ascoltatelo". La seconda zona in basso, verdeggiante e ricca di piante, cespugli, fiori, uccelli, rocce. Al centro maestosa la figura di S. Apollinare accogliente a braccia aperte, ai lati 6 pecore per parte vanno verso di lui, rappresentano il popolo dei battezzati che va verso il pastore della Chiesa.
Sant’Apollinare, originario di Antiochia, per primo rivestì la carica episcopale nella città imperiale di Ravenna, forse incaricato dallo stesso apostolo San Pietro. Si dedicò all’opera di evangelizzazione dell’Emilia-Romagna, per morire infine martire, come vuole la tradizione. Le basiliche di Sant’Apollinare in Classe e Sant’Apollinare Nuovo sono luoghi privilegiati nel tramandarne la memoria. La festa del santo da sempre è posta al 23 luglio, come ricorda ancora il Martyrologium Romanum, ma la sua ricorrenza liturgica per la Chiesa latina è stata ripristinata da Giovanni Paolo II anticipandola di tre giorni onde evitare sovrapposizioni con altre memorie obbligatorie.
Sant’Apollinare, protovescovo di Ravenna e primo evangelizzatore dell’Emilia-Romagna, visse al tempo dell’Impero Bizantino d’Occidente, in periodo collocabile all’incirca tra la fine del II e gli inizi del III secolo. Secondo la tradizione Apollinare proveniva da Antiochia e sarebbe stato addirittura discepolo dell’apostolo San Pietro. Questi lo avrebbe destinato a ricoprire per primo la carica episcopale nella città imperiale di Ravenna. Questa tradizione nacque nel VII secolo e non è documentata storicamente, tanto da contrastare con le probabili datazioni prima esposte. A quanto pare risalirebbe al tempo dell’arcivescovo Mauro (642-671), che quasi certamente ne fu l’autore, forse per conferire un maggior prestigio alla Chiesa locale di questa città che stava cominciando ad assumere sempre maggiore importanza. Sin dai primi tempi Apollinare fu sicuramente venerato quale martire, come asserì il vescovo ravennate San Pier Crisologo in un suo sermone, ed il suo culto si diffuse assai, nonostante non si tramandino molti dettagli attendibili sulla sua vita o sulla sua morte.
Menzionato per la prima volta dal Martirologio Gerominiano del V secolo in data 23 luglio quale “confessore” e “sacerdote”, ancora oggi il Martyrologium Romanum lo commemora in tale anniversario, anche se la memoria liturgica è anticipata di tre giorni. Quando infatti, dopo il Giubileo del 2000, papa Giovanni Paolo II volle ripristinare nel calendario liturgico della Chiesa latina la memoria facoltativa di Sant’Apollinare, dovette optare per la data del 20 luglio onde evitare sovrapposizioni con altre festività obbligatorie. La splendida basilica di Sant’Apollinare in Classe, presso Ravenna, fu consacrata nel 549: custodiva la tomba del santo ed un prezioso mosaico lo raffigurava nella volta dell’abside. Nell’VIII secolo l’antica basilica di San Martino in Ciel d’Oro fu restaurata e ridenominata Sant’Apollinare Nuovo al fine di divenire nuovo centro del culto tributato al santo protovescovo.
I pontefici Simmaco (498-514) ed Onorio I (625-638) favorirono la diffusione anche a Roma della venerazione verso Sant’Apollinare, mentre il re franco Clodoveo gli dedicò una chiesa presso Digione. In Germania probabilmente si diffuse ad opera dei monasteri benedettini, camaldolesi e avellani. Una chiesa era a lui dedicata anche a Bologna nell’area del Palazzo del Podestà, ma siccome fu demolita nel 1250 il cardinale Lambertini gli dedicò un altare nell’attuale Cattedrale cittadina. Sant’Apollinare è considerato patrono della città di cui per primo fu pastore, nonché dell’intera regione Emilia-Romagna.